Le ristrutturazioni d’impresa – generalità

Parlare di ristrutturazione d’impresa in termini generici è sempre arduo, soprattutto oggi. Molti e diversi sono i fattori che possono influire in modo significativo sui risultati. Tuttavia la nostra esperienza ci insegna che, alla fine, non sono molte le considerazioni di base importanti dalle quali non si deve prescindere, in ogni caso.

Parliamo di ristrutturazione, rilancio e risanamento…

1.  parliamo di ristrutturazione in senso stretto quando è necessario rivedere l’assetto organizzativo, al fine di un maggiore servizio alla clientela, una più efficiente gestione del personale… E’ il caso di ristrutturazioni aziendali per acquisizione da parte di Gruppi, di una revisione dell’assetto societario o più semplicemente di una maggiore efficienza del sistema aziendale. Le attività di ristrutturazione organizzativa hanno avuto una diffusa popolarità con le norme ISO9001, purtroppo introdotte sul mercato con orientamenti più burocratici che volte all’efficienza. Uno dei maggiori problemi costituiti dalle norme ISO9001 degli anni novanta, era senza dubbio l’orientamento organizzativo di tipo gerarchico, esplicato attraverso l’organigramma. Ancora oggi tale rappresentazione grafica fuorvia molto la visione aziendale inducendo le organizzazioni a strutturare le proprie attività in senso “verticale” anziché in “orizzontale”. Le fasi di acquisizione ordine, gestione della produzione, degli acquisti, spedizione… sono attività che “attraversano” le organizzazioni in senso orizzontale e dotarsi di una logica “inversa” comporta difficoltà e disottimizzazioni rilevanti, che si ripercuotono direttamente sulla clientela. Per migliorare i risultati occorre quindi capire le reali dinamiche organizzative e le attività di ristrutturazione dovrebbero focalizzare le attenzioni su questi aspetti e su questi princìpi. Ma le attività di ristrutturazione possono essere focalizzate su specifici argomenti come ad esempio una modifica nella gestione della produzione, delle scorte, del marketing…

2.  parliamo di rilancio quando l’ottica è rivolta all’aspetto strategico e di competitività (politiche di pricing, strategie commerciali/marketing, portafoglio prodotti, maggiore attenzione al settore R&S, diversificazione del business…). Questo argomento è troppo ampio e complesso per poter essere trattato con poche righe. Diremo solo che un rilancio non può prescindere dalle attività di diagnosi offerte dagli strumenti di marketing. Tra queste daremo enfasi all’analisi SWOT ed agli FCS. Queste due importantissime attività possono essere utili per avere un primo quadro, piuttosto chiaro, della strategia applicabile in termini di rilancio.

3.  parliamo di risanamento quando occorre ripianificare gli aspetti economici e/o finanziari.

Oggi la situazione è tale che quasi sempre è necessario eseguire tutte le attività (definiamola ristrutturazione in senso lato), attraverso piani aziendali che contemplino gli aspetti in modo coordinato e coerente tra loro. Ad esempio una diversificazione del business o l’apertura di nuovi canali commerciali non possono prescindere dal relativo impatto economico/finanziario. In condizioni critiche tale impatto potrebbe però avere ripercussioni significative nell’economia dell’impresa nel breve termine, compromettendone gli sviluppi nel medio/lungo e quindi in tal caso sarebbe indispensabile trovare delle soluzioni alternative.

E’ impensabile che uno strumento informatico possa sostituirsi alla mente di un esperto ed alla specifica strategia applicabile, tuttavia il punto di partenza è quasi sempre “cosa fare dal punto di vista economico” e per questo esiste uno specifico software, Simulation, il quale riesce a dare il suo fondamentale contributo.

La valutazione di tre fattori imprescindibili

1.   il settore di appartenenza dell’impresa, ossia se ci trova in un settore in crescita, in fase di stagnazione o in fase regressiva. Si osservi la figura di sotto.

Oggi molti settori aziendali si collocano tra il Quadrante II ed il Quadrante III e non è raro vedere società collocate proprio nel quadrante peggiore, il terzo.

La contrazione del volume può essere dovuta a due cause:

A) perdita di competitività (sul prodotto, sul servizio, sul design, sull’innovazione…), quindi cause di tipo endogene;

B) crisi/recessione/contrazione del settore/mercato, quindi cause di tipo esogene.

Se ci si trova nel Quadrante III con cause di tipo B), purtroppo c’è poco da fare, se non puntare ad un piano di risanamento attraverso una riduzione dei costi. Si assiste difatti a casi in cui l’azienda è talmente stremata da rendere pressoché impossibile un rilancio, data la mancanza di immediate ed adeguate risorse finanziarie. Sia ben chiaro che in ogni caso un piano che punti esclusivamente solo alla riduzione dei costi, senza pensare ad investimenti sullo sviluppo, offre vantaggi solo nel breve, garantendo il presente ma non il futuro.

Bisogna infine aggiungere che la netta contrazione di mercato spinge oggi molte imprese ad un livello tale di competitività da dover ridurre notevolmente i margini di profitto così che è diventato quasi normale acquisire lavoro solo al fine di recuperare i costi diretti di commessa ed avere una copertura molto marginale dei costi fissi.

2.   il secondo fattore è rappresentato dal livello di competitività dell’impresa: se i prodotti/servizi offerti non sono in linea con le esigenze di mercato occorre parlare di rilancio. Se ad esempio l’impresa produce beni/servizi in disuso o si trova ad affrontare un mercato in contrazione, occorre che diversifichi il business. Ma la diversificazione del business può essere una soluzione anche in casi di stagionalità molto marcata, producendo beni con stagionalità contraria, compatibilmente con gli impianti di produzione.

3.   il terzo fattore è costituito da quello che noi definiamo “soglia di sbarramento“. Ciascuna impresa ha difatti un livello minimo strutturale sotto al quale non può sottodimensionarsi, pena l’aumento dei disservizi, ritardi nelle consegne, carenza di supporti tecnici… alla fine perdita di clientela e di fatturato che induce ad una nuova riduzione di costi e di personale, così da arrivare al collasso organizzativo ed alla fine. In sintesi l’analisi non deve prescindere dal fatto che se le necessità economiche dovessero richiedere una riduzione di personale, occorre sempre tenere presente questa soglia minima indispensabile, variabile da azienda ad azienda e da caso a caso.

Per eseguire una corretta verifica dei parametri e degli indicatori dell’azienda in esame si consiglia sempre di procurarsi il bilancio di una azienda competitor che “funzioni” e che abbia lo stesso grado di integrazione verticale, ossia che produca/lavori con la stessa tipologia. Esempio: una azienda che produce semilavorati ha più personale assunto rispetto a chi invece lo acquista dall’esterno. Tuttavia chi produce semilavorati ha una incidenza di costo per materie prime sensibilmente inferiore rispetto a chi invece acquista. Per tale motivo è indispensabile verificare che l’azienda competitor abbia la stessa tipologia di lavoro dell’azienda in esame (questo elemento è definito “grado di integrazione verticale“). In linea di massima all’aumentare dell’incidenza del costo per materie prime (il che significa che si stanno acquistando materie prime ad uno stadio meno primitivo) deve anche aumentare il fatturato pro-capite ed ovviamente diminuire l’incidenza dei costi fissi (personale incluso). Viceversa al diminuire dell’incidenza del costo per materie prime è ovvio che diminuisca il fatturato pro-capite ed aumenti l’incidenza dei costi fissi. Tutte queste dipendenze sono gestite in modo automatico dal software menzionato.

Ci limitiamo a queste poche delucidazioni, consapevoli che l’argomento merita un approfondimento molto ampio e non generalizzabile ed indicando, nella immagine successiva, un potenziale piano di ristrutturazione in chiave turnaround.

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